giovedì 16 agosto 2012

Lo spinning in mare - Parte quarta


TECNICHE DI PESCA CON GLI ARTIFICIALI
NEL MEDITERRANEO

LO SPINNING IN MARE
Parte quarta

Artificiali. Partiamo da una premessa: il settore degli artificiali è il più grosso business all’interno dello spinning in mare, ogni stagione presenta nuovi modelli e nuove livree spacciate per essere “super catturanti”, ergo un artificiale nasce per catturare prima lo spinner (che lo acquista) poi (e non sempre) il pesce. Non è mia intenzione sparare a zero sui fabbricanti di artificiali, ovviamente e come in tutti i settori c’è il produttore serio e quello meno serio, quello che ha testato il suo prodotto fino a perfezionarlo e quello che lo mette in commercio senza nemmeno avergli fatto toccare l’acqua di una vasca idrodinamica.
Come districarsi in tutto questo? Decisamente non è facile. Ricordo tanti anni fa un thread su quelli che allora si chiamavano Discussion Board in cui un ragazzo diceva che il suo artificiale, dopo un lancio accidentale contro uno scoglio che aveva piegato la paletta anteriore, era stranamente diventato più “catturante”. L’acuta osservazione di un “vecchietto” di grande esperienza come Moreno Bartoli, spiegava in seguito a quel ragazzo come probabilmente, dopo aver raddrizzato la paletta metallica anteriore, l’artificiale aveva cambiato tipo di nuoto e, altrettanto probabilmente, il modo di nuotare apparentemente  “sbagliato” aveva reso l’idea di un pesce ferito e, pertanto, era diventato più catturante.
Ma facciamo un passo indietro ancora più lungo. Primi anni ’80, internet non esisteva. Paolo Sala, noto trainista italiano e al tempo collaboratore della Rapala, propone alla stessa una produzione di artificiali da trolling con la colorazione estesa fino al lato inferiore che fino ad allora era una semplice livrea bianca, partendo dalla giusta osservazione che gli attacchi del predatore, nella maggior parte dei casi, avvengono dal basso verso l’alto. La Rapala iniziò la produzione di questo tipo di artificiali, ma la interruppe subito; il motivo? Semplice, non si vendevano.
Ecco perché parto dal presupposto che l’artificiale catturi in primis il pescatore, in seguito il pesce. Però, indipendentemente da ciò che il mercato propone, nella scelta di un artificiale possiamo tenere in considerazioni alcuni aspetti basilari.
Innanzitutto il nuoto! Prima di spendere una fortuna in un determinato modello di artificiale e in tutte le livree, pesi e misure, fatevene prestare uno (o compratene uno soltanto), andate in un posto che vi permetta di lanciare stando in una posizione alta e osservate il suo nuoto. Provate diversi tipi di recupero a diverse velocità. Osservate quanto vibra lateralmente a seconda della velocità di recupero, imprimetegli delle decise accelerazioni per vedere se “svirgola” lateralmente, bloccate il recupero ed osservate la posizione che assume da fermo.
Osservate, inoltre, quanto affonda  mentre lo recuperate (provate su fondo sabbioso e parallelamente alla costa, per vedere la “nuvoletta di sabbia” del contatto con il fondale e poi misurate la profondità con la vostra gamba) e se vedete che il nuoto, più in generale il movimento soddisfa il vostro paragone con quanto avete osservato in natura, continuate a fare la prova direttamente in pesca.
Osservare ….. già lo ripeto spesso in queste pagine e lo ripeterò ancora. Se non abbiamo idea di come si comporti il pesce foraggio alla vista del predatore, se non sappiamo come nuota nei momenti di fuga, non sapremo mai come recuperare il nostro artificiale e ancor meno come sceglierlo! A volte sarebbe meglio osservare cosa succede durante un inseguimento ed un attacco che accade al vostro compagno di pesca piuttosto che mettervi a lanciare come un forsennato accanto a lui.
Ricordatevi che di un artificiale per lo spinning in mare dovete conoscere perfettamente come nuota con un recupero lento (pesce in nuoto normale), come reagisce ad una improvvisa accelerazione (overdrive) e come nuota in velocità (pesce in fuga); inoltre vi deve essere ben chiaro a che profondità nuota ad una certa velocità (ricordatevi che questa è in funzione della distanza e della posizione del cimino durante il recupero) e come si comporta quando lo fermate e riprendete a recuperarlo (stop & go).
Perché?
Perché durante l’azione di pesca la vostra testa deve essere laggiù, qualche decina di centimetri sotto il punto in cui avete lanciato, immaginando che lungo il percorso del recupero qualche predatore (salvo che non l’abbiate già visto) sia nei dintorni e veda il vostro artificiale.
Fin qui abbiamo visto quanto concerne il movimento di un artificiale; anche la colorazione ha, ovviamente, la sua importanza, ma più che nei colori che vede il vostro occhio, l’importanza sta nella percezione dei colori e (soprattutto) nella percezione del contrasto che hanno i predatori.

La vista dei pesci.
Spendiamo due parole su questo argomento. Di certo sappiamo solo che la scienza non è in grado di darci risposte certe su questo argomento e che, quindi, possiamo solo fare considerazioni sulla base dei pochi dati a disposizione. Non tutti i pesci percepiscono i colori allo stesso modo, alcuni ne percepiscono solo una parte, altri pur percependo l’intero spettro, ne hanno sicuramente una visione diversa da come la possiamo intendere noi: profondità, condizioni di luce, angolo di provenienza della luce, particelle in sospensione ne alterano la visione. Gli occhi dei pesci hanno due recettori, le cellule a cono e le cellule a bacchetta; queste ultime servono principalmente per la visione notturna, non identificano i colori, ma percepiscono bene (e anche di giorno) il movimento ed il contrasto. Le cellule a cono, invece, permettono l’identificazione dei colori nella visione diurna; nella retina di alcune specie ne esistono di tre differenti tipi (rosso, verde e blu) come negli esseri umani, in altre specie questi recettori sono sensibili solo al verde ed al blu, in altre ancora sono presenti solo due recettori (rosso e grigio).
A questo punto fermiamoci un attimo a ragionare: ma se l’organo più usato da un predatore per l’individuazione della preda è la linea laterale (cioè quella rete di canali longitudinali sottopelle collegati a terminazioni nervose e dirette verso la testa fino ai labirinti dell'orecchio interno, che permettono di percepire le vibrazioni anche a lunga distanza); se la recettività dei colori dello spettro solare è spesso limitata, mentre la percezione del movimento e del contrasto è buona con la luce alta e ottima quando questa si abbassa, è possibile che il colore influisca solo nei termini del contrasto?
Cerco di spiegarmi meglio: se prendiamo due artificiali identici e li fotografiamo in bianco e nero (per ridurre la nostra percezione dei colori) sarà molto difficile anche per noi distinguere la livrea che dal dorso quasi nero sfuma verso l’argento e poi sul bianco, da quella con il dorso rosso scuro che sfuma verso l’oro e poi sul bianco. Questo aspetto spiegherebbe molto anche in merito agli attacchi di predatori su artificiali dai colori accesissimi e irreali; se poi consideriamo che le catture arrivano spesso durante le scadute, quindi con livelli di luce e di percezione dei colori dentro l’acqua molto bassi, possiamo a buon titolo credere che sia stato il contrasto dell’artificiale rispetto all’ambiente circostante a permettere al predatore di identificare la preda e causarne l’attacco e non il suo eventuale realismo della livrea.
Un ultimo aspetto, ma forse il più importante, è la percezione del movimento: negli esseri umani essa avviene attraverso un ciclo con una frequenza di circa 24 “fotogrammi” al secondo; solitamente nei pesci ed in particolar modo nei grufolatori e non carnivori questa frequenza è molto più bassa, mentre proprio nei pesci predatori sale e, in alcune specie, si avvicina molto a quella degli esseri umani. A sua volta questa frequenza è influenzata dalla temperatura corporea e la maggior parte dei pesci predatori riesce a mantenere la propria temperatura corporea più alta dell’acqua circostante. Da questo ne deduciamo che pescando con le acque fredde, quindi dall’autunno inoltrato fino all’inizio dell’estate, il predatore ha una percezione del movimento della preda di gran lunga migliore di quanto quest’ultima abbia del suo naturale nemico.

Pertanto, possiamo affermare, almeno da un punto di vista prettamente empirico, che nella scelta di un artificiale dobbiamo considerare:
1- il nuoto, quindi il tipo di movimento che assume una valenza superiore a quella del realismo o meno della sua colorazione.
2 - la colorazione, che va scelta in base al contrasto con l’ambiente circostante e secondo la prospettiva di vista del pesce.
Quest’ultimo punto, in modo particolare, lo vedremo in seguito nelle tecniche di pesca.



3 commenti:

  1. Ciao Alessandro, ben riletto, sempre interessante. Mi piacerebbe però approfondire una riflessione con te al riguardo de "se l’organo più usato da un predatore per l’individuazione della preda è la linea laterale".
    Sempre leggiamo di quest'organo come di strumento fondamentale per la caccia, e probabilmente lo è nella visione di insieme nel senso che permette al predatore di rendersi conto se qualcosa ( preda o pericolo ) si muove nei suoi paraggi. Però è anche evidente che per la sua ubicazione ai lati del corpo viene ad essere nella "posizione errata" nel momento in cui il predatore si dirige verso la preda; le vibrazioni emesse dalla preda nel momento dell'inseguimento o dell'attacco sono in realtà in una zona d'ombra per quello strumento sensoriale. Negli animali per i quali è dimostrata la caccia direzionata dalle variazioni di vibrazioni e pressione, gli organi deputati a tale rilevazione sono nella zona della bocca con concentrazione nella parte anteriore del muso, come ad esempio nei coccodrilli, e una simmetria c'è anche nelle ampolle di Lorenzini degli squali, che pur dirette ad un tipo diverso di percezione ( elettromagnetica), mostrano una notevole analogia di posizionamento.
    Mi viene quindi da pensare che un organo che vada in blackout o quasi nei momenti più importanti, forse non è il principale a cui è deputata la precisione dell'attacco e la riuscita della predazione.
    Sempre riflettendo ad alta voce, la linea laterale indubbiamente sarebbe importante in una fase di preattacco, di ricerca, mentre per i momenti salienti saranno altri i sensi deputati al successo, primo tra tutto la vista ( per colori, contrasti e movimento ), ragione fondamentale per dare importanza a tutti gli aspetti dell'apparenza del nostro inganno.
    Sorry se sono stato prolisso.

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  2. Cia Ale, è un vero piacere risentirti. Si, sono fondamentalmente d'accordo con quanto affermi, ecco perchè ho scritto "per l'individuazione della preda". Onestamente ritengo che la linea laterale "avverta" il predatore della presenza di pesce foraggio anche a grande distanza, dove non è possibile utilizzare la vista (ovviamente considerando i limiti di "gittata" della vista sotto l'acqua), ma che nelle fasi di attacco questa non abbia la minima influenza.
    In parole povere sarebbe come il pilota automatico degli aerei con la nebbia: ti porta fino a 10 metri dalla pista, ma poi, per poter atterrare, servono gli occhi del pilota in carne ed ossa.

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  3. Esattamente come la vedo io allora, in quanto si legge in giro invece si tende a sopravvalutare la sensibilità laterale riconducendola a unico organo per l'attacco in acque torbide. In realtà credo che la vista dei pesci sia decisamente più sensibile spesso di quanto si generalizza; ricordi gli squali? Per anni si diceva che fossero praticamente ciecati e invece hanno anche loro una vista acuta.
    Nei pesci adattati a predare in acque molto torbide e quindi che dipendono maggiormente dalle vibrazioni si sono sviluppati altri organi dedicati a quello, tipo i baffi dei pescigatto, in qualche specie di lunghezza notevolissima.
    E poi ci sono altre cosette che potrebbero esaltare la visibilità di un'esca nel mare, come ad esempio la bioluminescenza circostante, più diffusa di quanto immaginiamo in quanto noi uomini siamo poco attrezzati per percepirla salvo situazioni limite.
    In poche parole la discriminante finale è sempre visiva salvo casi limite. Dopotutto i pesci si sono evoluti con quegli organi che meglio rispondono al loro ambiente d'elezione.

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