sabato 25 agosto 2012

Lo spinning in mare - Parte quinta

TECNICHE DI PESCA CON GLI ARTIFICIALI
NEL MEDITERRANEO

LO SPINNING IN MARE
Parte quinta



Tecniche di pesca. Se siete arrivati fin qui leggendo le parti precedenti e non cascando dal sonno per la noia, vi faccio i miei più vivi complimenti. Cerchiamo ora, per “distrarci un poco”, di affrontare qualche situazione reale che possa servire come esempio di quanto abbiamo affermato. Pensare di poter discernere ed affrontare, in uno o più articoli, tutte le tecniche di pesca dello spinning in mare sarebbe ovviamente impossibile e, allo stesso modo, inutile. Impossibile perché a tutte le situazioni immaginabili si aggiungono decine e decine di variabili locali; inutile, perché non rappresenterebbero uno stimolo all’osservazione ed allo sviluppo di un pensiero soggettivo.

Supponiamo di effettuare un’uscita di pesca alla ricerca di spigole all’alba di una giornata ai primi di dicembre, il picco di marea è intorno alle 7,00 del mattino e le temperature del mare cominciano a dare picchi in calo significativi, in particolare nelle acque basse. Arriviamo in una piccola baia composta da una insenatura di poco più di un centinaio di metri, con una punta rocciosa alla nostra sinistra ed uno scoglio emergente o semisommerso vicino al centro.
La linea di demarcazione tra il blu ed il celeste rappresenta la linea di frangenza principale, le frecce bianche indicano la direzione del moto ondoso in post scaduta e la freccia nera l’attuale direzione del vento. E siccome non siamo così fortunati da avere le condizioni ideali (Murphy e le sue leggi sono sempre in agguato nello spinning in mare), consideriamo che abbiamo una leggera schiuma solo sulla linea di frangenza principale ed il vento soffia intorno ai 6/7 nodi.
Bene, osserviamo attentamente il mare. Il moto ondoso di scirocco spinge ancora e rinforza sulla linea di frangenza, pertanto lo scoglio affiorante crea un deflusso delle acque che si concentra in opposizione, cioè verso maestrale. Però il vento di levante spinge il flusso verso ponente-libeccio, aiutato sia dalla bassa profondità che dal calo della batimetrica, creando una leggera corrente di ritorno (frecce celesti) che finisce poi con lo scontrarsi con il flusso della linea di frangenza principale.
Alla luce di quanto ipotizzato finora che cosa possiamo osservare? La posizione n°1 sarebbe sbagliata in quanto la finestra temporale della scaduta è già finita; se siamo fortunati potremmo tentare qualche predatore maggiore o qualche pelagico di fine stagione, ma perderemo la possibilità di pescare in altre posizioni nel momento favorevole alla predazione. La posizione n°2 è una scelta “povera” in quanto il vento di levante spinge verso di noi il deflusso principale dello scoglio semisommerso; in questo caso, se dovessimo avere un branco di pesce foraggio a 20/25 metri da noi, potremmo persino correre il rischio di avere tra la nostra posizione ed il branco di pesce foraggio proprio i predatori. Se avrete la fortuna di pescare con delle guide in gamba ai Caraibi, vi insegneranno una regola fondamentale della pesca nelle flats: l’artificiale non deve mai muoversi in direzione del predatore. Questa regola vale in tutti i mari e a maggior ragione nel Mediterraneo.
Rimangono la 3 e la 4, o meglio il percorso dalla 3 alla 4; stiamo pescando in wading, quindi ricordiamoci di muoverci con circospezione, evitando movimenti bruschi o altro che possa disturbare l’azione di pesca. Prima ancora di entrare in acqua effettuiamo qualche lancio da terra, magari tenendoci a qualche metro dalla battigia. Allo stesso modo, dopo essere entrati in acqua per qualche metro, proviamo a lanciare lungo i bordi; ricordiamoci che un predatore come la spigola può cacciare in 30 cm. d’acqua anche se pesa 3 o 4 kg.! 


Portandoci in posizione di pesca (ovviamente più avanti e sempre con un occhio rivolto alla profondità) cerchiamo di osservare quanto abbiamo di fronte agli occhi: la superficie del mare è leggermente increspata dal levante e questo non facilita la pesca a vista (sight-fishing); però se prede e predatori si trovano vicino alla superficie dobbiamo essere in grado di riconoscere le rispettive posizioni: solitamente il branco del pesce foraggio lo distinguiamo dalla diversa intensità delle increspature (più fitte rispetto a quelle del solo vento e costanti), perché in acque basse tendono sia ad unirsi in branco serrato, sia a portarsi verso la superficie; capire, invece, la posizione del predatore o dei predatori è molto più difficile. In questo caso supponiamo di non riuscire a vederli; possiamo solo considerare una costante: solitamente un predatore come la spigola tende a mangiare in favore di corrente ed è probabile che il suo avvicinamento verso il branco di pesce foraggio provenga da questa direzione.
Fermiamoci qui e cominciamo a considerare gli eventuali errori che, a questo punto, possiamo fare:
1. Ci muoviamo per raggiungere un punto più vicino a quello dove abbiamo visto il branco o più comodo per lanciare. In questo caso la spigola si accorge di noi e si allontana. Idem dicasi per il rumore in generale.
2. Lanciamo direttamente sopra il branco. L’effetto è come quello dei “trainisti della domenica” che passano con la barca sopra la mangianza: anche in questo caso possiamo solo ottenere l’effetto di spostare il branco e, ovviamente, anche il predatore, senza ottenere alcun risultato.
Evitando questi due errori e ricordandoci che è innaturale che una preda fugga verso il predatore, lanciamo il nostro artificiale cercando di simulare un pesce che fugge staccandosi dal branco. In questo caso evitiamo un altro errore tipico, cioè quello di un recupero con velocità costante. Un pesce braccato e in fuga non nuoterà mai in modo costante; effettuerà una prima fuga veloce in una direzione comunque diversa dalla posizione del predatore, poi rallenterà un attimo per poi riprendere la fuga, magari con una angolazione leggermente diversa. A sua volta il nuoto della preda, anche durante la fuga, è incostante; se impariamo a recuperare imprimendo alla manovella un movimento “rotatorio oscillante” e delicatissimi strappi del cimino (esercizio utilissimo per imparare a recuperare correttamente un WTD in saltwater) riusciamo a dare un’impressione di veridicità a tutta la nostra azione di pesca.
Se stiamo usando un piccolo jerk in grado di affondare solo qualche centimetro potremmo avere la fortuna, a seconda della dimensione della spigola, di riconoscere la sua posizione per via del movimento d’acqua superficiale; l’inseguimento della spigola, nella maggior parte dei casi, non è velocissimo e, a volte, arrivata a 20 centimetri dal nostro artificiale, sembra seguirlo per osservarlo prima di attaccarlo oppure scartare.
Se scarta vuol dire che qualcosa l’ha insospettita; può averci visto oppure ha notato uno strano “movimento di gambe” in acqua oppure ancora abbiamo reso non credibile il nuoto del nostro artificiale.
Durante l’inseguimento del predatore in sight fishing, a maggior ragione, dobbiamo mantenere il sangue freddo e avere la capacità di variare il nuoto dell’artificiale, ovvero rallentarlo un pochino e poi accelerare (ovviamente ad una velocità “reale” per il pesce foraggio); Nella mia esperienza, in alcuni casi e con gli esemplari più scaltri (quasi sempre quelli di maggiori dimensioni), l’attacco è arrivato al terzo “stop & go”, un paio di volte persino a soli 5 metri dal cimino. Nella pesca in wading alla spigola ricordatevi sempre due aspetti:
- durante l’azione di pesca abbassatevi leggermente in avanti, in modo da essere meno visibili (ricordatevi che questa è una pesca in “caccia”).
- durante gli ultimi metri di recupero tenete il cimino basso, quasi a sfiorare la superficie dell’acqua, e finite l’azione di pesca solo quando il terminale è fuori dall’acqua.


Supponiamo, invece, che in questa stessa situazione non abbiamo la possibilità di identificare la posizione del branco di pesce foraggio, men che meno quella del predatore; anzi, quest’ultimo ha in parte predato prima del vostro arrivo e quindi è leggermente svogliato. La visione del nostro artificiale, recuperato in velocità “dinamica”, per il momento non lo stimola e pensare di stanarlo con un artificiale da superficie recuperato velocemente sarebbe un errore grossolano. In questo caso lo stimolo è rappresentato proprio dalla lentezza o meglio, dalla relativa facilità della predazione. La spigola è un predatore “opportunista”; tende a non sprecare energie e, spesso, si posiziona dietro un gradino morfologico a favore di corrente, aspettando di avvistare una preda. Una preda che nuota nelle vicinanze, lentamente e con un andamento errante, quasi fosse ferita, è in grado di scatenare l’attacco anche del predatore svogliato. 


Per poter fare tutto ciò dobbiamo ricorrere ad un tipo di montatura che potremmo definire “finesse”, ma che nella sostanza prevede l’uso delle cosiddette soft bait o esche siliconiche in versione spiombata. Non dimentichiamoci che ci serve innanzitutto leggerezza per far nuotare il nostro artificiale lentamente e vicino alla superficie; inoltre ci occorre il movimento e questo può essere dato dalla “sinuosità” di molte esche siliconiche. Sebbene il mercato delle soft bait sia cresciuto enormemente da quando Herb Reed, in un piccolo garage che fungeva da modesta sede della Lunker City Fishing Specialties, arrivò alla concezione dello slug-go, il capostipite di tutte le saltwater soft bait, personalmente, per la pesca alla spigola, preferisco il concetto minimalista del classico grub o “falcetto” montato con il solo amo tipo offset. La ragione consiste principalmente nella capacità dei movimenti della coda. Tra i grub che preferisco per qualità della mescola di plastica, resistenza, varietà di colorazioni e misura sono quelli dell’amico Al Kalin a cui, ultimamente, abbino sempre degli ami tipo offset, ma nella variante wide gap, in quanto permettono una maggior stabilità dell’artificiale con recuperi molto lenti.


Torniamo alla nostra situazione di pesca; cerchiamo di lanciare sfruttando la leggera corrente di ritorno (questa tecnica è altrettanto valida in qualsiasi situazione siamo in grado di sfruttare questo tipo di corrente). Il grub così montato è in grado di far lavorare la coda sempre, sia da fermo in contro corrente, sia nei leggeri affondamenti, sia, ovviamente, nei recuperi; paradossalmente, in condizioni di pesca diverse, possiamo sfruttare questo tipo di artificiale persino con un effetto surface laddove aumentiamo di molto la velocità di recupero. Assicuriamoci solo di avere sempre la lenza tesa ed effettuiamo il cambio di direzione con la diversa angolazione della nostra canna.

Per concludere ricordiamoci che questo tipo di pesca richiede:

- precisione nel lancio; se necessario allenatevi “in bianco”, su un prato cercando di centrare un cestino di vimini a varie distanze e, possibilmente, in situazioni di leggero vento laterale.
- un’ottima conoscenza di quanto abbiamo già detto in precedenza in merito al nuoto degli artificiali.
- sensibilità dell’attrezzatura; questa è anche una ragione per cui è da preferire la presenza del cutout nel manico ed il braided come lenza madre, in quanto garantisce meno elasticità del nylon.


3 commenti:

  1. davvero molto interessante alessandro. intanto il cutout credo sia una prerogativa dell canne da casting. Effettivamente è tutta un' altra cosa usarli ma in italia siamo ancora indietro sull' uso degli stessi in mare, almeno tra gli spinner che conosco.
    Hai illustrato le due situazioni sullo stesso spot, con mangianza visibile e ipotetico predatore in caccia oppure senza alcun segnale. Ora, sulle varie teoria che vedono fondamentale indovinare la tipologia di artificiale che toccherà l' acqua per primo senza "farci sgamare dal predatore", qual'è la tua esperienza? per esempio, in presenza di foraggio e predatori in caccia, approcciare lo spot con un' esca tipo uno shad in plastica, rischierebbe di compromettere la pescata? o un wtd mosso lento in sliding? parallelamente, con pesce apatico, se invece di iniziare con un grub o uno shad in gomma morbido iniziassimo con uno shad o un popper, cappotteremmo di sicuro? parlo sempre di costa e non di lagune foci porti ect ect.

    puoi spiegarmi diversamente il movimento di recupero rotatorio oscillante? hai un video dove si vede meglio?

    rinnovo anche qui i complimenti per i concetti espressi e "le dritte"!

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  2. Ciao Bruto,
    premesso che non ci sono regole assolute e men che meno mi considero detentore della "Verità", posso solo dirti che avrei due tipi di approccio:

    a) Non ho segni evidenti di cacciata. In questo caso cerco di vedere il pesce foraggio e scelgo un artificiale che si avvicini per dimensione, colore e movimento. In questo caso l'opzione di una softbait mi sembrerebbe la migliore.

    b) Ho segni di cacciata. Vado al volo su un wtd, ma lo recupererei in primis come ho descritto sella parte settima, cercando di adattare la velocità (ma comunque più veloce dello sliding da a. i.) al livello di frenesia delle cacciate.

    Per quanto riguarda il movimento di recupero, prova a leggere la descrizione che ho fatto sempre nella parte settima. In effetti è molto semplice da fare, un pochino più difficile da descrivere.

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  3. Grazie Alessandro. Sicuro che non ci sono verità assolute altrimenti non saremmo qui a parlarne, ma credo che alla fine l' esperienza conti tantissimo e tu ne hai più di me!

    Da quello che leggo quindi anche tu sei sostenitore del fatto che gli artificiali come grandezza vanno rapportati al foraggio, ragione per cui io in genere preferisco non sforare mai i 12 cm con le spigole, a mare mosso, ed i 7/8 a mare calmo.

    Per il movimento, forse su un tuo video l'ho visto per qualche secondo nella pesca al barracuda. Provo a riguardarmelo e a rileggere il tutto


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