venerdì 23 agosto 2013

Elective Affinities - parte seconda.






Pesca a mosca! Si, avete capito bene: pesca a mosca! E’ proprio qui che si nasconde la sottile albagia di chi ricerca la perfezione di un’atto assoluto, fine a  se stesso, essenziale, caparbio e, consentitemi di dire, supremo!
Immagino che, per chi è appassionato di spinning in mare, quanto detto fino ad ora sia più vicino all’eresia di quanto non abbia fatto Novaziano con quella Catara, ma, per dirla con le parole di Jane Austen, solo chi non cambia mai la propria opinione ha il dovere assoluto di essere sicuro di aver giudicato bene sin da principio.
E noi ne siamo così certi?
Agli albori di internet, quando la tecnologia dei forum aveva il suo apice nei BB board e non si era ancora creato il manifesto dell’attuale (in)personalità digitale, con il piccolo cenacolo di eletti del primo “seaspin boulletin board”, una ventina di persone in tutto, si cercò di immaginare una figura di pescatore sportivo quasi mitologica, sintetizzando il tutto con un motto: “one man, one rod, one lure”. A quel “thread” si aggiunse il contributo di un altro grande personaggio della pesca a spinning, Moreno Bartoli, che giustamente ipotizzava l’apice della competenza con l’idea che in un’uscita di pesca si dovesse decidere prima che cosa si andava ad insidiare e che, pertanto, si poteva uscire giusto con una manciata di artificiali, se non con solo un paio (di cui uno era di riserva).

Beh, se esiste un tradimento allo spirito dello spinning in mare, è proprio questo!

lunedì 1 luglio 2013

Elective Affinities - parte prima.







Probabilmente Johann Wolfgang non apprezzerà l’averlo citato per esser gettato in pasto alla “vulgata” della pesca sportiva, ma in realtà il titolo altro non è che il richiamo a Herman Boerhaave e Geoffroy l'Aîné per le loro ricerche sul concetto di affinità chimiche, cioè una proprietà degli elementi chimici che indica la tendenza di uno di loro a legarsi con un altro.
Probabilmente starete pensando che mi sono fumato un’altra canna, ma non è così; nella pesca sportiva, come nelle arti e nei mestieri esistono due vie da seguire: quella che porta ad un risultato che poi consente di fermarsi e compiacersi di se stessi oppure quella che non vi soddisfa mai, che continua a mordervi le viscere e vi spinge a cercare la costruzione di un’armonia!
Quest’ultima frase potrebbe dire tutto o niente allo stesso tempo; dipende solo da voi. Se siete impregnati di materialismo alla Robert Boyle e pensate che il fondamento e la sostanza della realtà hanno una natura materiale, non inoltratevi nella lettura di questo post, perché vi annoierà e non vi porterà a nulla.
Se invece pensate, senza sconfinare nelle spiritualità asiatiche del Buddismo o del Vedānta, che la ricerca all'interno di un’arte o di un mestiere non debba mai finire e che quella via sia tesa verso l’infinito o, quantomeno, verso la ricerca di una perfezione individuale, vi invito a proseguire nella lettura, nella speranza di essere in grado di darvi alcuni spunti degni di nota.


domenica 7 aprile 2013

Soft Bait Fishing – parte seconda







La soluzione, ovviamente, sarebbe quella di eliminare il lasso temporale identificato con il punto b) e, per quanto può sembrarvi assurdo, la risposta è: con le soft bait.
Ma facciamo un piccolo passo indietro!
Mentre in Europa, a proposito di artificiali, abbiamo spostato il nostro sguardo prevalentemente verso oriente, guardando dall’altra parte dell’oceano e in direzione opposta, la grande lezione di Herb Reed non solo non si è mai sopita, ma ha proseguito il suo cammino!
Perdonatemi, ma mi viene da pensare una cattiveria: non è che la mancanza di pesce nel sol levante porta a sviluppare il business tecno feticista della novità, mentre nel sol calante si bada solo al sodo e all’efficacia?

martedì 26 marzo 2013

Soft Bait Fishing - parte prima








Mi sono chiesto spesso se esiste un limite alla “stupidità” umana, ma ogni volta la risposta è la stessa: NO!

Ammetto che, a volte, il feticismo è in grado di narcotizzare anche le menti più eccelse, ma senza entrare nei paradossi del “1 Million Dollar Fishing Lure” disegnato nel 2006 da Mac McBurney, costruito in oro e titanio con ben 4.753 diamanti e rubini, oppure del jerkbait di qualche anno fa che, con un sistema di elica ad elastico, si ricaricava durante il recupero e poi, in bando, tornava indietro, onestamente ritengo che la via della semplicità venga quasi sempre esclusa dagli spinner.

Ammetto anche che non sono “nato saputo” e meno che meno appartengo ai messia “unti” della pesca; anch’io, come tanti, in passato mi sono fatto prendere dalla febbricitante sete della novità in fatto di artificiali: nuove livree, nuovi colori, nuovi modelli che sostituivano i precedenti e così via!

lunedì 25 marzo 2013

De Cognitio Halieutica - Parte seconda






In sostanza che cosa ne possiamo dedurre? Che a volte il nostro vero limite siamo noi stessi, o meglio la nostra incapacità nel saper vedere, osservare ed imparare da ciò che sta al di là della nostra tecnica! E siamo talmente concentrati su tutto ciò che è “puramente” appartenente a questa, che non riusciamo nemmeno a distinguere le differenze. Non saper vedere le differenze (vorrei scrivere “non saper osservare”, ma temo di ripetermi) equivale ad isolarsi in un parnaso specialistico che, alla fine, rischia solo di degenerare nell’ignoranza.