domenica 7 aprile 2013

Soft Bait Fishing – parte seconda







La soluzione, ovviamente, sarebbe quella di eliminare il lasso temporale identificato con il punto b) e, per quanto può sembrarvi assurdo, la risposta è: con le soft bait.
Ma facciamo un piccolo passo indietro!
Mentre in Europa, a proposito di artificiali, abbiamo spostato il nostro sguardo prevalentemente verso oriente, guardando dall’altra parte dell’oceano e in direzione opposta, la grande lezione di Herb Reed non solo non si è mai sopita, ma ha proseguito il suo cammino!
Perdonatemi, ma mi viene da pensare una cattiveria: non è che la mancanza di pesce nel sol levante porta a sviluppare il business tecno feticista della novità, mentre nel sol calante si bada solo al sodo e all’efficacia?

Immagino che detrattori e fautori possano esserci in egual misura da una e dall’altra parte: chi dirà che la tecnologia è un processo ineluttabile, chi obietterà che in USA hanno tanti pesci, chi ricorderà che tutte le nuove tecnologie jap nascono proprio per la necessità di insidiare pesci diffidenti e chi più ne ha più ne metta! Salomonicamente e, probabilmente, banalmente, si potrebbe affermare che la verità sta nel mezzo! …….. non è proprio così, ma quasi!

Bene, a questo punto fermiamoci per 30 secondi e guardiamo questo filmato provando ad osservare il movimento dell'artificiale dal nostro punto di vista e, successivamente, immaginiamo di osservare gli stessi movimenti dal punto di vista del predatore:






Possiamo notare che questa soft bait durante i primi 15-20 secondi del video viene recuperata lentamente, ha una leggera tendenza ad affondare, ed è sufficientemente sinuosa da risultare “stimolante” per il nostro predatore. Negli ultimi 10 secondi, invece, aumentando il ritmo di recupero e forzando il jerking, balza sull’acqua ed assume l’andamento tipico di un recupero WTD.  Personalmente farei giusto l’appunto che il recupero evidenziato nel video sia un filino grossolano: nella prima parte jerkerei più lentamente e ridurrei il tempo di pausa, nella seconda proverei ad assecondare il ritmo di jerkata alla oscillazione del recupero, ma questo l’ho gia scritto nel post dedicato al WTD.
Di certo possiamo dire che, trovandoci nella situazione reale di pesca presa ad esempio nella parte prima di questo post, possiamo eliminare l’idea di cambiar artificiale ed azzerare il lasco di tempo tra una tecnica di pesca a mezza profondità ed una di superficie.


Prima di proseguire nella nostra dissertazione permettetemi di spendere due parole su un'azienda americana che ha saputo ben cogliere tutte le potenzialità del soft bait fishing, spaziando dallo spinning alla traina: la Hogy Lure Company (http://www.hogylures.com).
Con un buon assortimento di softbait ed una vasta offerta di diversi rigging offre la possibilità di utilizzare gli stessi artificiali a diversi livelli di nuoto ed adattarli a quasi tutte le esigenze …. forse l'unico appunto che possiamo fare è nelle dimensioni degli artificiali che sarebbero da considerare troppo “ottimistiche” per il nostro depauperato mare.




Tra l’altro davvero encomiabile la presenza, all’interno del sito ufficiale, di un’infinità di video che mostrano tecniche di pesca e sistemi di rigging. 


Ma torniamo alle nostre soft bait e facciamo mente locale su quanto detto in merito alla vista dei predatori in questo stesso blog (Lo spinning in mare - Parte quarta). Attribuendo molta importanza al movimento, oltre ai già citati mogambo grub dell’amico Al Kalin, nel caso di soft baitstick veri e propri, prediligo quelli che accentuano il movimento attraverso delle “rastremazioni a settori” del corpo, per intenderci come i Got Stryper Plastic Baits (http://www.gotstryper.com)



Anche in questo caso, viste le generose dimensioni medie di queste soft bait, ricorro ad un piccolo adattamento delle dimensioni ai nostri predatori con forbici e Power Flex Attak:






Detto questo, torniamo alla nostra situazione di pesca reale: alba di inizio primavera, picco di marea, ultimo flusso di scaduta (nel ns. esempio mare da est), bassa pressione in arrivo da ovest.
Anche se stiamo pescando in wading alla ricerca della spigola, arrivando nel ns. hot spot, prima di entrare in acqua, ricordiamoci di sondare i primi dieci metri di acqua, possibilmente tenendoci lontani dal bagnasciuga. 

Successivamente entriamo in acqua e portiamoci a media distanza, provando a sondare il surf con dei lanci paralleli alla costa e, pertanto, paralleli alle onde. In questo caso possiamo far nuotare la nostra soft bait “scavalcando” le onde con un recupero lento ed un movimento sinuoso che viene accentuato dal moto ondoso. 




Con temperature dell’acqua basse, spesso è proprio sul surf che la spigola caccia e la scarsa velocità di recupero di una soft bait è in grado di invogliare il predatore anche quando quest’ultimo è impigrito dal freddo. Non solo, in questo modo abbiamo anche la possibilità di aumentare la permanenza in acqua del nostro artificiale ed effettuare veri e propri “stop & go” su corrente che, se effettuati con un’hard bait, apparirebbero agli occhi del nostro predatore a dir poco ridicoli.
In questo caso, se fossimo talmente fortunati da avere il passaggio di serra verso il largo, potremmo cambiare direzione di lancio e velocità di recupero in un’istante, senza alcuna perdita di tempo nel cambio di artificiali; questo è solo uno degli innumerevoli esempi della praticità delle softbait: provate ad immaginare quante altre vie si potrebbero aprire utilizzando con assiduità imitazioni di gamberi o granchi o piccoli worm più o meno piombati e, il tutto, a costi estremamente contenuti!
 









4 commenti:

  1. ciao alessandro,
    sui softbait tipo shad preferisci testine o ami widegap magari piombati?
    grazie

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  2. Ciao Giuseppe,
    solitamente le jig-head le monto solo sui grub oppure le "dresso" direttamente con il flytying. Degli shad, invece, apprezzo molto il realismo del movimento e se devo farli lavorare in profondità utilizzo due sistemi:

    - all'americana, con ami wide-gap e filo armonico che attorcigli (anche con due strati, a seconda della profondità di lavoro) intorno al gambo.

    - con le torpille, che inserisci dentro la guida dell'amo (per intendeci la "sacca" sul ventre dell'imitazione). In questo secondo caso puoi calibrare le posizione delle torpille in modo da mantenere la posizione di nuoto ottimale anche durante l'affondamento. Unico dettaglio è che, dopo averle spinte verso l'interno della plastica, bisogna "saldarle" con una goccia attak.

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  3. Caro Alessandro, sono uno spinner agli inizi e mi ha colpito la tua poetica nella visione della pesca. Mi sono entusiasmato nella lettura del tuo blog e anch'io mi sono sentito un pò preso in giro dal marketing condotto sull'ultima esca, con l'ultima colorazione e l'ultimo movimento. Complimenti per tutto quello che hai scritto. E' coinvolgente, bello, stupendo da leggere e apre il cuore di chi legge verso una passione che può essere scambiata per "disease", per dirlo all'inglese. Complimenti, ma......perchè così tanto tempo senza scrivere?

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  4. Ciao Francesco,
    innanzitutto grazie per i complimenti. Credimi, non è facile scrivere di continuo e riuscire a dire qualcosa di nuovo e, allo stesso tempo, interessante. A suo tempo avevo pensato a questo blog come ad una piccola raccolta di memorie personali, ma con il dictat ferreo di non ripetermi e non voler inventare qualcosa a tutti i costi. E' anche vero che magarici sono aspetti di ciascun argomento che io do per assodati, mentre per qualcuno potrebbero essere oggetto di approfondimento, ma questo spazio lo lasciamo proprio ai commenti.

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