La soluzione, ovviamente, sarebbe
quella di eliminare il lasso temporale identificato con il punto b) e, per
quanto può sembrarvi assurdo, la risposta è: con le soft bait.
Ma facciamo un piccolo passo
indietro!
Mentre in Europa, a proposito di
artificiali, abbiamo spostato il nostro sguardo prevalentemente verso oriente, guardando
dall’altra parte dell’oceano e in direzione opposta, la grande lezione di Herb
Reed non solo non si è mai sopita, ma ha proseguito il suo cammino!
Perdonatemi, ma mi viene da
pensare una cattiveria: non è che la mancanza di pesce nel sol levante porta a
sviluppare il business tecno feticista della novità, mentre nel sol calante si
bada solo al sodo e all’efficacia?
Immagino che detrattori e fautori
possano esserci in egual misura da una e dall’altra parte: chi dirà che la
tecnologia è un processo ineluttabile, chi obietterà che in USA hanno tanti
pesci, chi ricorderà che tutte le nuove tecnologie jap nascono proprio per la
necessità di insidiare pesci diffidenti e chi più ne ha più ne metta!
Salomonicamente e, probabilmente, banalmente, si potrebbe affermare che la
verità sta nel mezzo! …….. non è proprio così, ma quasi!
Bene, a questo punto fermiamoci per 30 secondi e guardiamo questo filmato provando
ad osservare il movimento dell'artificiale dal nostro punto di vista e, successivamente, immaginiamo di osservare gli stessi movimenti dal punto di vista del
predatore:
Possiamo notare che questa
soft bait durante i primi 15-20 secondi del video
viene recuperata lentamente, ha una leggera tendenza ad affondare, ed è
sufficientemente sinuosa da risultare “stimolante” per il nostro predatore.
Negli ultimi 10 secondi, invece, aumentando il ritmo di recupero e forzando il jerking,
balza sull’acqua ed assume l’andamento tipico di un recupero WTD. Personalmente farei giusto l’appunto che il
recupero evidenziato nel video sia un filino grossolano: nella prima parte
jerkerei più lentamente e ridurrei il tempo di pausa, nella seconda proverei ad assecondare il
ritmo di jerkata alla oscillazione del recupero, ma questo l’ho gia scritto nel
post dedicato al WTD.
Di certo possiamo dire che,
trovandoci nella situazione reale di pesca presa ad esempio nella parte prima di questo post, possiamo eliminare l’idea di cambiar artificiale ed azzerare il
lasco di tempo tra una tecnica di pesca a mezza profondità ed una di
superficie.
Prima di proseguire nella nostra
dissertazione permettetemi di spendere due parole su un'azienda americana che ha
saputo ben cogliere tutte le potenzialità del soft bait fishing, spaziando dallo
spinning alla traina: la Hogy Lure Company (http://www.hogylures.com).
Con un buon assortimento di
softbait ed una vasta offerta di diversi rigging offre la possibilità di
utilizzare gli stessi artificiali a diversi livelli di nuoto ed adattarli a
quasi tutte le esigenze …. forse l'unico appunto che possiamo fare è nelle dimensioni degli
artificiali che sarebbero da considerare troppo “ottimistiche” per il nostro
depauperato mare.
Tra l’altro davvero encomiabile la
presenza, all’interno del sito ufficiale, di un’infinità di video che mostrano
tecniche di pesca e sistemi di rigging.
Ma torniamo alle nostre soft bait
e facciamo mente locale su quanto detto in merito alla vista dei predatori in
questo stesso blog (Lo spinning in mare - Parte quarta). Attribuendo molta
importanza al movimento, oltre ai già citati mogambo grub dell’amico Al Kalin,
nel caso di soft baitstick veri e propri, prediligo quelli che accentuano il
movimento attraverso delle “rastremazioni a settori” del corpo, per intenderci
come i Got Stryper Plastic Baits (http://www.gotstryper.com)
Anche in questo caso, viste le
generose dimensioni medie di queste soft bait, ricorro ad un piccolo
adattamento delle dimensioni ai nostri predatori con forbici e Power Flex Attak:
Detto questo, torniamo alla nostra
situazione di pesca reale: alba di inizio primavera, picco di marea, ultimo
flusso di scaduta (nel ns. esempio mare da est), bassa pressione in arrivo da
ovest.
Anche se stiamo pescando in wading
alla ricerca della spigola, arrivando nel ns. hot spot, prima di entrare in
acqua, ricordiamoci di sondare i primi dieci metri di acqua, possibilmente tenendoci
lontani dal bagnasciuga.
Successivamente entriamo
in acqua e portiamoci a media distanza, provando a sondare il surf con
dei lanci paralleli alla costa e, pertanto, paralleli alle onde.
In questo caso possiamo far nuotare la nostra soft bait “scavalcando” le onde
con un recupero lento ed un movimento sinuoso che viene accentuato dal moto
ondoso.
Con temperature dell’acqua basse,
spesso è proprio sul surf che la spigola caccia e la scarsa velocità di
recupero di una soft bait è in grado di invogliare il predatore anche quando
quest’ultimo è impigrito dal freddo. Non solo, in questo modo abbiamo anche la
possibilità di aumentare la permanenza in acqua del nostro artificiale ed
effettuare veri e propri “stop & go” su corrente che, se effettuati con
un’hard bait, apparirebbero agli occhi del nostro predatore a dir poco ridicoli.
In questo caso, se fossimo
talmente fortunati da avere il passaggio di serra verso il largo, potremmo
cambiare direzione di lancio e velocità di recupero in un’istante, senza alcuna
perdita di tempo nel cambio di artificiali; questo è solo uno degli
innumerevoli esempi della praticità delle softbait: provate ad immaginare
quante altre vie si potrebbero aprire utilizzando con assiduità imitazioni di
gamberi o granchi o piccoli worm più o meno piombati e, il tutto, a costi
estremamente contenuti!
ciao alessandro,
RispondiEliminasui softbait tipo shad preferisci testine o ami widegap magari piombati?
grazie
Ciao Giuseppe,
RispondiEliminasolitamente le jig-head le monto solo sui grub oppure le "dresso" direttamente con il flytying. Degli shad, invece, apprezzo molto il realismo del movimento e se devo farli lavorare in profondità utilizzo due sistemi:
- all'americana, con ami wide-gap e filo armonico che attorcigli (anche con due strati, a seconda della profondità di lavoro) intorno al gambo.
- con le torpille, che inserisci dentro la guida dell'amo (per intendeci la "sacca" sul ventre dell'imitazione). In questo secondo caso puoi calibrare le posizione delle torpille in modo da mantenere la posizione di nuoto ottimale anche durante l'affondamento. Unico dettaglio è che, dopo averle spinte verso l'interno della plastica, bisogna "saldarle" con una goccia attak.
Caro Alessandro, sono uno spinner agli inizi e mi ha colpito la tua poetica nella visione della pesca. Mi sono entusiasmato nella lettura del tuo blog e anch'io mi sono sentito un pò preso in giro dal marketing condotto sull'ultima esca, con l'ultima colorazione e l'ultimo movimento. Complimenti per tutto quello che hai scritto. E' coinvolgente, bello, stupendo da leggere e apre il cuore di chi legge verso una passione che può essere scambiata per "disease", per dirlo all'inglese. Complimenti, ma......perchè così tanto tempo senza scrivere?
RispondiEliminaCiao Francesco,
RispondiEliminainnanzitutto grazie per i complimenti. Credimi, non è facile scrivere di continuo e riuscire a dire qualcosa di nuovo e, allo stesso tempo, interessante. A suo tempo avevo pensato a questo blog come ad una piccola raccolta di memorie personali, ma con il dictat ferreo di non ripetermi e non voler inventare qualcosa a tutti i costi. E' anche vero che magarici sono aspetti di ciascun argomento che io do per assodati, mentre per qualcuno potrebbero essere oggetto di approfondimento, ma questo spazio lo lasciamo proprio ai commenti.