In sostanza che cosa ne possiamo dedurre? Che a volte il
nostro vero limite siamo noi stessi, o meglio la nostra incapacità nel saper
vedere, osservare ed imparare da ciò che sta al di là della nostra tecnica! E
siamo talmente concentrati su tutto ciò che è “puramente” appartenente a questa,
che non riusciamo nemmeno a distinguere le differenze. Non saper vedere le
differenze (vorrei scrivere “non saper osservare”, ma temo di ripetermi)
equivale ad isolarsi in un parnaso specialistico che, alla fine, rischia solo
di degenerare nell’ignoranza.
Per esempio, nello spinning quasi tutti conoscono il Tony Peña
Knot, probabilmente uno dei migliori nodi per collegare trecciato e nylon
(personalmente lo uso da più di 10 anni e non è ho ancora conosciuto uno
migliore), ma pochi sanno che il nodo, in realtà, era già usato nella pesca a
traina dagli angler del pacifico che, a loro volta, lo avevano “ereditato” dai
surfcaster. Tony Peña, in buona sostanza, lo ha solo adattato all’uso con il
tracciato tramite una piccola variante.
Allo stesso modo, diversi lustri or sono, nella pesca a
mosca mediterranea, alcuni angler “scoprono” l’esistenza del Gummy Minnow
inventato all’inizio del secolo da Blane Chocklett, una guida di pesca dello
stato della Virginia. All’immotivata diffidenza iniziale (lo ritenevano
stampato in forma industriale), ben presto si sostituisce un discreto
entusiasmo per via di una buona efficacia di questa “fly” in situazioni di
pesca caratterizzate da predatori svogliati.
E’ innegabile l’evidenza che Blane Chocklett abbia tratto
ispirazione per questa sua fly da Herb Reed, che, nella metà degli anni ’80, in
un piccolo garage che fungeva da modesta sede della Lunker City Fishing
Specialties, arrivò alla concezione di un artificiale che divenne il vero e
proprio capostipite di ciò che oggi chiamiamo soft stickbait: lo slug-go!
Per un flyangler “purista” la differenza tra un gummy
minnow costruito a mano ed uno slug-go stampato su mold a caldo è fondamentale
e pone i due artificiali in mondi completamente separati. Se, per contro, ci
togliamo il prosciutto dagli occhi, non possiamo non notare che i principi alla
base delle due creazioni, i concetti idrodinamici di nuoto (sarebbe meglio
definirlo non-nuoto), le modalità di recupero e le specificità di uso in azione
di pesca sono assolutamente identiche.
La lista degli esempi potrebbe essere molto lunga, ma per
ragioni di spazio ci fermiamo qui. Di certo possiamo dedurne che, anche in
questi casi, l’osservazione è alla base di qualsiasi nuova scoperta e che questa
osservazione necessità di spaziare ben oltre i limiti del nostro minuscolo
orticello. Ecco perché la ricerca della specializzazione continua rischia di
degenerare in ignoranza!
Provate, per un attimo, a pensare a quante tecniche di
pesca derivate da altre specialità potrebbero rivelarsi altamente efficaci
nella vostra; in un precedente articolo ho messo enfasi su una particolare
tecnica del flyfishing in corrente con l’uso delle flatwings, che permette di
insidiare predatori quando questi ultimi risultano svogliati o poco attivi;
questa tecnica, con opportune modifiche, può essere ben applicata nello
spinning con alcuni tipi di soft jerkbait!
Ma quanti di voi, anziché provare questo tipo di
“sperimentazione” a costo ridotto (i soft jerkbait sono gli artificiali meno
costosi in assoluto), cedono alla tentazione di acquistare il nuovissimo
“ultimate spectacular lure” proposto dall’illustre (quanto sconosciuto)
artigiano jap oppure dal nostrano “maestro d’ami” che vi propina le infinite
catture realizzate con l’artificiale da “soluzione finale”?
Non vi rispondo, ma mi limito a citarvi un piccolo
aneddoto risalente a circa 15 anni fa! Non era ancora arrivato il millennium
bug che, con Nicola Zingarelli, ci sentivamo frequentemente per telefono o via
e-mail. Persino il sito di Seaspin era solo nei miei progetti e mi ero limitato
ad acquistarne il dominio senza mettere alcunché on-line. Parlavamo tanto di
popper, di pesca in superficie e di recuperi velocissimi finalizzati ai
predatori pelagici; personalmente questa sua predilezione per i recuperi “a
manetta” non mi meravigliava affatto: negli anni ’80 mi capitava spesso di
uscire con il Cap. Paolo Sala per una battuta di pesca a traina e, qualche
volta, in determinate stagioni, si optava per trainare degli octopus in
plastica alla velocità di 7-8 nodi per prendere le aguglie imperiali. Era quasi
logico che la velocità di recupero di un artificiale dedicato ad un predatore
pelagico dovesse essere pari o di poco inferiore alla sua velocità di caccia,
ma nessuno aveva pensato di applicare questa osservazione allo spinning. Da
questi primi esperimenti, in seguito confluiti in paragone di esperienze in
quel piccolo e favoloso cenacolo di spinner sparsi per la penisola che fu il
primo forum di Seaspin, ebbero origine le prime catture di grossi pelagici da
terra dello spinning mediterraneo!
Malgrado tutto il mio rispetto per i nomi storici dello
spinning italiano (che ho citato in altre parti di questo blog), la mia più
grossa stima continua ad essere proprio nei confronti di Nicola per essere
stato il primo in assoluto a derivare osservazioni da altre tecniche di pesca
ed applicarle allo spinning in mare, anziché limitarsi ad utilizzare in mare
tecniche già collaudate in acque dolci!
Per amore di verità non posso non citare anche l’amico
Moreno Bartoli che, in quegli stessi anni, sperimentava con successo il
“saltapicchio”, probabilmente originato da identiche osservazioni.
Ora, se avete avuto la pazienza di leggere le mie parole
fino a questo punto, vi starete chiedendo: “ma questo scemo dove vuole
arrivare?”
La risposta è tanto semplice quanto scontata: “osservate ragionando
con la vostra testa, sperimentate senza idee preconcette ed imparate!”
Non vi è alternativa nella pesca con gli artificiali, come
nella vita di tutti i giorni!
Mi voglio porre sempre in posizione di bastian-contrario, avvocato del diavolo o new-generation spinner:
RispondiEliminama realisticamente chi adopera il "saltapicchio"?
Ma quanti pesci ha catturato uno "sciorelain" :-) recuperato liscio rispetto ad una "saponetta" recuperata a palla?
Inevitabilmente, lo spinning è andato avanti, certe soluzioni "mainstream" hanno surclassato le altre ed hanno avvicinato la tecnica a tutti (può piacere o non piacere...), rendendolo un prodotto di massa, così come sosteneva il grande Andy Warhol!
Ciò non toglie che una sana capacità di osservazione ed un po' di spirito critico facciano la differenza tra una scimmia lancia-e-recupera ed un angler pensante.
Ciao Domenico,
RispondiEliminanon parlavo di pesca a spinning in generale, ma nello specifico di pesca a spinning rivolta a pesci serra e lecce di grosse dimensioni. La svolta nel tipo di recupero (pre e post skipping lure) è quella che ha permesso, nei primissimi anni 2000, la cattura da terra di parecchie lecce giganti, anche fino a 22 kg.
Per contro non ho sentito di tali catture avvenute con nuovi ipertecnologici jerk recuperati a velocità di spigola. In ogni caso l'esempio era citato come una svolta data dall'osservazione ...... G.D. Bocchi (con tutto il rispetto di questo mondo anche in virtù del quando ha scritto), nel suo libro parlava dei popper come degli artificiali folcloristici che potevano andar bene in USA, ma del tutto inutili nel mediterraneo!!!!!!!!!!!
A sua volta anche il saltapicchio oggi appare superato, ma in quegli anni era la "risposta" italiana nella pesca alle lecce giganti.
E' ovvio che tutto viene superato. E' insito nella natura consumistica dell'uomo moderno. Oggi cambi la macchina o il cellulare solo perchè un restilyng o una nuova app ti fanno apparire ciò che hai vecchio e fuori moda! Ma sei così sicuro che uno Shiner Z sia più catturante di un vecchio e datatissimo Bluescode? Saresti disposto a scommetere che un DeadTwitch da 65 dollari sia più catturante di uno slug-go da 50 centesimi?