lunedì 25 marzo 2013

De Cognitio Halieutica - Parte seconda






In sostanza che cosa ne possiamo dedurre? Che a volte il nostro vero limite siamo noi stessi, o meglio la nostra incapacità nel saper vedere, osservare ed imparare da ciò che sta al di là della nostra tecnica! E siamo talmente concentrati su tutto ciò che è “puramente” appartenente a questa, che non riusciamo nemmeno a distinguere le differenze. Non saper vedere le differenze (vorrei scrivere “non saper osservare”, ma temo di ripetermi) equivale ad isolarsi in un parnaso specialistico che, alla fine, rischia solo di degenerare nell’ignoranza.

Per esempio, nello spinning quasi tutti conoscono il Tony Peña Knot, probabilmente uno dei migliori nodi per collegare trecciato e nylon (personalmente lo uso da più di 10 anni e non è ho ancora conosciuto uno migliore), ma pochi sanno che il nodo, in realtà, era già usato nella pesca a traina dagli angler del pacifico che, a loro volta, lo avevano “ereditato” dai surfcaster. Tony Peña, in buona sostanza, lo ha solo adattato all’uso con il tracciato tramite una piccola variante.



Allo stesso modo, diversi lustri or sono, nella pesca a mosca mediterranea, alcuni angler “scoprono” l’esistenza del Gummy Minnow inventato all’inizio del secolo da Blane Chocklett, una guida di pesca dello stato della Virginia. All’immotivata diffidenza iniziale (lo ritenevano stampato in forma industriale), ben presto si sostituisce un discreto entusiasmo per via di una buona efficacia di questa “fly” in situazioni di pesca caratterizzate da predatori svogliati.



E’ innegabile l’evidenza che Blane Chocklett abbia tratto ispirazione per questa sua fly da Herb Reed, che, nella metà degli anni ’80, in un piccolo garage che fungeva da modesta sede della Lunker City Fishing Specialties, arrivò alla concezione di un artificiale che divenne il vero e proprio capostipite di ciò che oggi chiamiamo soft stickbait: lo slug-go!
Per un flyangler “purista” la differenza tra un gummy minnow costruito a mano ed uno slug-go stampato su mold a caldo è fondamentale e pone i due artificiali in mondi completamente separati. Se, per contro, ci togliamo il prosciutto dagli occhi, non possiamo non notare che i principi alla base delle due creazioni, i concetti idrodinamici di nuoto (sarebbe meglio definirlo non-nuoto), le modalità di recupero e le specificità di uso in azione di pesca sono assolutamente identiche.
La lista degli esempi potrebbe essere molto lunga, ma per ragioni di spazio ci fermiamo qui. Di certo possiamo dedurne che, anche in questi casi, l’osservazione è alla base di qualsiasi nuova scoperta e che questa osservazione necessità di spaziare ben oltre i limiti del nostro minuscolo orticello. Ecco perché la ricerca della specializzazione continua rischia di degenerare in ignoranza!
Provate, per un attimo, a pensare a quante tecniche di pesca derivate da altre specialità potrebbero rivelarsi altamente efficaci nella vostra; in un precedente articolo ho messo enfasi su una particolare tecnica del flyfishing in corrente con l’uso delle flatwings, che permette di insidiare predatori quando questi ultimi risultano svogliati o poco attivi; questa tecnica, con opportune modifiche, può essere ben applicata nello spinning con alcuni tipi di soft jerkbait! 



Ma quanti di voi, anziché provare questo tipo di “sperimentazione” a costo ridotto (i soft jerkbait sono gli artificiali meno costosi in assoluto), cedono alla tentazione di acquistare il nuovissimo “ultimate spectacular lure” proposto dall’illustre (quanto sconosciuto) artigiano jap oppure dal nostrano “maestro d’ami” che vi propina le infinite catture realizzate con l’artificiale da “soluzione finale”?



Non vi rispondo, ma mi limito a citarvi un piccolo aneddoto risalente a circa 15 anni fa! Non era ancora arrivato il millennium bug che, con Nicola Zingarelli, ci sentivamo frequentemente per telefono o via e-mail. Persino il sito di Seaspin era solo nei miei progetti e mi ero limitato ad acquistarne il dominio senza mettere alcunché on-line. Parlavamo tanto di popper, di pesca in superficie e di recuperi velocissimi finalizzati ai predatori pelagici; personalmente questa sua predilezione per i recuperi “a manetta” non mi meravigliava affatto: negli anni ’80 mi capitava spesso di uscire con il Cap. Paolo Sala per una battuta di pesca a traina e, qualche volta, in determinate stagioni, si optava per trainare degli octopus in plastica alla velocità di 7-8 nodi per prendere le aguglie imperiali. Era quasi logico che la velocità di recupero di un artificiale dedicato ad un predatore pelagico dovesse essere pari o di poco inferiore alla sua velocità di caccia, ma nessuno aveva pensato di applicare questa osservazione allo spinning. Da questi primi esperimenti, in seguito confluiti in paragone di esperienze in quel piccolo e favoloso cenacolo di spinner sparsi per la penisola che fu il primo forum di Seaspin, ebbero origine le prime catture di grossi pelagici da terra dello spinning mediterraneo!
Malgrado tutto il mio rispetto per i nomi storici dello spinning italiano (che ho citato in altre parti di questo blog), la mia più grossa stima continua ad essere proprio nei confronti di Nicola per essere stato il primo in assoluto a derivare osservazioni da altre tecniche di pesca ed applicarle allo spinning in mare, anziché limitarsi ad utilizzare in mare tecniche già collaudate in acque dolci!
Per amore di verità non posso non citare anche l’amico Moreno Bartoli che, in quegli stessi anni, sperimentava con successo il “saltapicchio”, probabilmente originato da identiche osservazioni.


Ora, se avete avuto la pazienza di leggere le mie parole fino a questo punto, vi starete chiedendo: “ma questo scemo dove vuole arrivare?”

La risposta è tanto semplice quanto scontata: “osservate ragionando con la vostra testa, sperimentate senza idee preconcette ed imparate!”

Non vi è alternativa nella pesca con gli artificiali, come nella vita di tutti i giorni! 








2 commenti:

  1. Mi voglio porre sempre in posizione di bastian-contrario, avvocato del diavolo o new-generation spinner:
    ma realisticamente chi adopera il "saltapicchio"?
    Ma quanti pesci ha catturato uno "sciorelain" :-) recuperato liscio rispetto ad una "saponetta" recuperata a palla?

    Inevitabilmente, lo spinning è andato avanti, certe soluzioni "mainstream" hanno surclassato le altre ed hanno avvicinato la tecnica a tutti (può piacere o non piacere...), rendendolo un prodotto di massa, così come sosteneva il grande Andy Warhol!

    Ciò non toglie che una sana capacità di osservazione ed un po' di spirito critico facciano la differenza tra una scimmia lancia-e-recupera ed un angler pensante.

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  2. Ciao Domenico,

    non parlavo di pesca a spinning in generale, ma nello specifico di pesca a spinning rivolta a pesci serra e lecce di grosse dimensioni. La svolta nel tipo di recupero (pre e post skipping lure) è quella che ha permesso, nei primissimi anni 2000, la cattura da terra di parecchie lecce giganti, anche fino a 22 kg.
    Per contro non ho sentito di tali catture avvenute con nuovi ipertecnologici jerk recuperati a velocità di spigola. In ogni caso l'esempio era citato come una svolta data dall'osservazione ...... G.D. Bocchi (con tutto il rispetto di questo mondo anche in virtù del quando ha scritto), nel suo libro parlava dei popper come degli artificiali folcloristici che potevano andar bene in USA, ma del tutto inutili nel mediterraneo!!!!!!!!!!!

    A sua volta anche il saltapicchio oggi appare superato, ma in quegli anni era la "risposta" italiana nella pesca alle lecce giganti.

    E' ovvio che tutto viene superato. E' insito nella natura consumistica dell'uomo moderno. Oggi cambi la macchina o il cellulare solo perchè un restilyng o una nuova app ti fanno apparire ciò che hai vecchio e fuori moda! Ma sei così sicuro che uno Shiner Z sia più catturante di un vecchio e datatissimo Bluescode? Saresti disposto a scommetere che un DeadTwitch da 65 dollari sia più catturante di uno slug-go da 50 centesimi?

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