venerdì 23 agosto 2013

Elective Affinities - parte seconda.






Pesca a mosca! Si, avete capito bene: pesca a mosca! E’ proprio qui che si nasconde la sottile albagia di chi ricerca la perfezione di un’atto assoluto, fine a  se stesso, essenziale, caparbio e, consentitemi di dire, supremo!
Immagino che, per chi è appassionato di spinning in mare, quanto detto fino ad ora sia più vicino all’eresia di quanto non abbia fatto Novaziano con quella Catara, ma, per dirla con le parole di Jane Austen, solo chi non cambia mai la propria opinione ha il dovere assoluto di essere sicuro di aver giudicato bene sin da principio.
E noi ne siamo così certi?
Agli albori di internet, quando la tecnologia dei forum aveva il suo apice nei BB board e non si era ancora creato il manifesto dell’attuale (in)personalità digitale, con il piccolo cenacolo di eletti del primo “seaspin boulletin board”, una ventina di persone in tutto, si cercò di immaginare una figura di pescatore sportivo quasi mitologica, sintetizzando il tutto con un motto: “one man, one rod, one lure”. A quel “thread” si aggiunse il contributo di un altro grande personaggio della pesca a spinning, Moreno Bartoli, che giustamente ipotizzava l’apice della competenza con l’idea che in un’uscita di pesca si dovesse decidere prima che cosa si andava ad insidiare e che, pertanto, si poteva uscire giusto con una manciata di artificiali, se non con solo un paio (di cui uno era di riserva).

Beh, se esiste un tradimento allo spirito dello spinning in mare, è proprio questo!

A solo tre lustri di distanza da quei giorni indimenticabili, vedere lungo le coste orde di spinner con appresso intere valige di artificiali è a dir poco deprimente! L’incessante parabola discendente della cultura mediatica dell’ultimo decennio, fomentata dall’enorme business che gira dietro il mercato degli artificiali da pesca, ha contribuito a diffondere il falso credo sulle capacità infinite dell’artificiale, mettendo in secondo piano il pescatore e le sue azioni di recupero.
Non entro nei meandri di questo argomento, già affrontato in precedenti post di questo blog, ma mi limito a sottolineare come l’artificiale sia solo un aspetto della pesca, con importanza al pari della nostra canna, del  mulinello e del braided che usiamo; il suo ruolo è solo quello di imitare nella forma, nella dimensione, nel nuoto e nel colore ciò che NOI riteniamo possa somigliare a quanto venga predato sulla base delle NOSTRE osservazioni.



Al giorno d’oggi quel motto, “one man, one rod, one lure” è rappresentato più da quei pochi fanatici della pesca a mosca alla spigola che non da tutto l’esercito di italici neo spinner; nel flyfishing ai predatori mediterranei da costa non esiste un artificiale forgiato nelle fucine della tecnologia, ma un semplice amo rivestito di pochi materiali sintetici, ma, sopra ogni altra cosa, pensato e costruito da NOI sulla base della NOSTRA esperienza.
C’è l’essenza di un lancio che non è frutto di tecnologia, ma di un’applicazione e di un allenamento costante, non c’è un mulinello che ci aiuta nei movimenti di recupero, ma esiste solo la nostra mano che orchestra la dinamica del recupero!

Questa è una vera sintesi! La sintesi di un’armonia che, anche se non raggiunge la perfezione del concetto di Dio, gli è molto, molto vicina!

E’ esattamente come per la fotografia! Nella fotografia, a livello mondiale, è in corso un forte richiamo verso la sua essenza e le sue radici, cioè quella chimica, sebbene in Italia lo scopriremo solo fra un altro lustro!
Dopo anni di pagliacciate digitali e tristi imitazioni con algoritmi binari, si sta ritornando all’essenza di un immagine, la cui fruizione non è lo schermo del computer, ma il piacere della vista di una stampa! Paradossalmente questo ritorno viaggia sempre più verso il medio ed il grande formato e in USA, come in Inghilterra e Francia o in Giappone come in Corea, non è raro vedere persone, a volte anche molto giovani, che scattano con macchine fotografiche a banco ottico.




Potremmo persino parafrasare il nostro motto in “one man, one camera, one shoot”, perché con il grande formato non vai in giro con più di tre o quattro chassis di pellicola, il che equivale a 6-8 scatti; in questo caso non fai un bracketing dell’esposizione, non controlli la tua insicurezza nel francobollo del display: o sai scattare o non sai scattare! O sai leggere la luce con un esposimetro a mano o non la sai leggere! In altre parole o sai di saper fotografare o impari a farlo, perchè non esiste una via di mezzo!

E quando Herman Boerhaave e Geoffroy l'Aîné scoprirono le affinità chimiche, cioè la tendenza degli elementi chimici a legarsi con un altro, probabilmente non immaginarono che lo stesso concetto ha da sempre caratterizzato l’uomo e le sue passioni.

Se vogliamo guardare all’essenza di una cosa, non possiamo prescindere dal desiderio della conoscenza. E’ impensabile guardare alla fotografia e voler capire l’essenza di questa, senza approfondire la conoscenza della fotografia chimica ed il grande formato. Di recente ho persino letto “l’acuta osservazione” di un photo-blogger che si meravigliava di come i grandi capolavori della fotografia siano stati creati con i banchi ottici ….. in tale affermazione di “meraviglioso” c’è solo l’infinità stupidità ed ignoranza di chi ha scritto quelle parole!



Allo stesso modo ritengo che, nella pesca con gli artificiali, almeno per quanto concerne la pesca ai predatori stanziali in wading, la vera essenza sia rappresentata dalla pesca a mosca!

Provate ad immaginare di essere in acqua pescando in wading, muovendovi lentamente con la prima luce dell’alba che fa capolino dall’orizzonte, in attesa di un segno che identifichi la presenza del predatore che state cercando. Dalla piccola scatola che avete appresso scegliete la mosca che avete costruito la sera prima, magari aggiungendo un dettaglio costruttivo che avete immaginato durante l’ultima uscita.
Un lancio preciso, una posa delicata proprio laddove avete immaginato la posizione del predatore, pochi metri di stripping irregolare e lo strike che arriva mentre il sole fa capolino sul vostro orizzonte di schizzi d’acqua!!!!!!!!!!!!!!!!



Siete soli …………. solo voi e l’intero universo!












3 commenti:

  1. Ciao Alessandro, leggo questo tuo ultimo post con emozione...quella fase di passaggio dallo spinning alla mosca in mare lo sto vivendo pure io in questo momento.
    Ho pescato a mosca in acqua dolce dai 20 anni fino ai 30, poi a spinning in mare dai 30 ai 46 ed ora, vedendo lá in fondo la porta dei 50, ho ripreso in mano la mia vecchia cannetta coda 5, assolutamente inadeguata al vento e al mare...
    Nella mia relazione congenita con la pesca mi sono sempre posto degli obiettivi; l'ultimo ed il piú grosso mi ha obbligato a lasciare l'Italia.
    Avendolo probabilmente raggiunto sto istintivamente pensando al prossimo, di presentarmi all'appuntamento con i 50 giá padrone della tecnica.
    Ho quattro anni di tempo per riuscire a penetrare l'aliseo con una doppia trazione e con un loop il piú stretto possibile :-)
    Un caro saluto
    ...e con stima

    Paolo Canti

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  2. Ciao Paolo,

    beh c'è da dire che la tua scelta di vita non è malaccio, a vederla dal punto di vista di un pescatore! Credo che le Canarie siano ancora un piccolo paradiso per la pesca, magari per la mosca "oserei" salire un tantino di coda :-)

    Per quanto riguarda il resto, credo che il passaggio (o l'alternanza) alla mosca rappresenti un punto d'arrivo della pesca con gli artificiali e, sopra ogni altra cosa, è il chiaro indicatore che si ricerca la qualità e non la quantità.

    A me accadde diversi anni fa, quando avevamo ancora le coste "infestate" di barracuda! Prendere un barracuda a spinning era praticamente noioso, quasi una perdita di tempo nella ricerca di qualche altro predatore, Prenderlo a mosca, per contro, rappresentava una soddisfazione non di poco conto.

    Alla fine ritengo che questo passaggio alla pesca a mosca, sia una sorta di evoluzione quasi obbligata per chiunque abbia nel sangue la passione per la pesca.

    Un caro saluto

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    1. Alessandro, ti dico solo che ho una coda 9 sulla scrivania del mio ufficio.... :-)
      Hai detto benissimo: "alternanza"
      Ci sono momenti in cui la voglia di fare la classica pescata a spinning la aspetti ma non arriva ma, ogni tanto e allo stesso tempo, entra quella "curiositá" per andare a fare qualche esperimento a mosca.
      Fino ad ora tra ghiozzi e pesci verdi e' uscita una leccia stella da mezzo chilo che mi ha fatto gridare al miracolo :-)
      Non avevo mai visto quella cannetta curvarsi tanto in vita sua e mai avevo sentito bruciare il palmo della mano durante la pesca...
      Sono ancora in fase zero ma le piane di Lanzarote sono lí ad aspettarmi, quando il vento lo permette.

      Devo uscire e sto scrivendo a duecento all'ora...ci sará tempo per scambiarci qualche parere tecnico anche se rimanere sul filosofico e' veramente piacevole

      ;-)

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