“Non fidatevi mai di nessuno che
abbia più di trentacinque anni”. Era il lontano 1968 quando il giovane Jerry
Rubin, futuro scrittore-contestatore americano degli anni ’60, dapprima icona
della rivoluzione giovanile e co-fondatore del Youth International Party, in
seguito quotato businessman, coniò questo fortunato slogan, adottato anche
dalla generazione hippie, che abbassò il limite di età ai 30 anni.
Ad onor del vero anche questo mio
post dovrebbe essere vietato ai maggiori di 30 anni, sebbene chi scrive ne ha
più di cinquanta, ma diciamo genericamente che quanto scrivo è dedicato in
particolar modo ai giovani sotto i 30!
Appartengo ad una generazione
lontana rispetto alla maggior parte di voi, dove mio nonno, classe 1899, mi ha
insegnato un profondo rispetto verso le persone “più grandi”: nel suo vetusto
concetto si dava per scontato che con la crescita di un essere umano
intervenissero valori personali e sociali come cultura, onestà, rispetto verso
gli altri e così via; inoltre ci veniva insegnato che, se qualcuno occupa una
posizione di potere, il merito era delle sue capacità professionali, raggiunte
con studio e dedizione. Non so se tutto ciò sia stato vero per quella generazione
di “ragazzi” del ‘99, ma avendo vissuto la mia giovinezza a cavallo degli anni
’70 - ‘80 mi sono presto reso conto che quei valori avevano già smesso di
appartenere alla mia.
Vorrei potervi raccontare che chi
vi governa o chi vi amministra localmente occupa quella sedia in virtù della
sua preparazione specifica, del suo interesse nel difendere i vostri diritti e
nel costruire il vostro futuro, ma questa balla non supererebbe la prova dei
fatti nel 99% dei casi. In Italia, a partire dai singoli comuni per finire con
le stanze del Parlamento, si entra in politica solo ed unicamente per interesse
personale! Non importa quale sia la vostra preparazione specifica, il vostro
livello culturale e morale: il premio alla raccolta dei voti è sempre una
posizione di potere che, nel marciume in cui è sprofondata l’Italia, comporta
guadagni personali condizionati alla cieca obbedienza ai poteri forti.
La mia generazione ha perso la
dignità dopo aver lanciato le monetine nel ‘92 al Bettino nazionale, di fronte
all’Hotel Raphael di Roma: lo scandalo di “Mani pulite” e la nascita della
Seconda Repubblica ci avevano illuso che si fosse sancita la fine della
corruzione istituzionale ..... abbiamo abbassato la guardia, abbiamo lasciato
il campo a nomi nuovi e guardate dove siamo finiti dopo quattro lustri ……… viviamo
in un paese dove corruzione e nepotismo dilagano a qualsiasi livello, dove
nemmeno gli scandali più gravi ci meravigliano più, dove perfino le monarchie
teocratiche del medio oriente non investono per “l’eccessiva corruzione
politica” e così facendo abbiamo “rubato il futuro” alle nuove generazioni.
Torneremo in seguito su questo
argomento, ma per ora limitiamoci a quanto inerente questo blog che vuole
trattare di pesca e “dintorni”, intendendo questi ultimi come le problematiche
inerenti la pesca sportiva. Vorrei raccontarvi dei fatti risalenti al lontano
2006 che i “misfatti” odierni della proposta di legge presentata da Nicodemo
Nazzareno Oliveri rendono più attuali che mai e dimostrano come anche la pesca
sportiva sia in mano ad un potere istituzionale totalmente privo di competenze
specifiche e frutto di lottizzazioni politiche.
Settembre 2006.
Il tam tam su internet è
rapidissimo e in pochi giorni raggiunge persino i pescatori sportivi nord
europei: la nuova Amministrazione Regionale della Sardegna del patron di
Tiscali, estende il fermo biologico alla pesca sportiva che, durante i 45
giorni del blocco delle attività di pesca, sarà esercitabile soltanto il sabato
e la domenica e solo da terra. Sgomento, sconcerto e panico tra le migliaia di
pescatori sportivi che da tutta Europa vengono in vacanza in Sardegna nel mese
di ottobre, cercando di conciliare vacanze (con temperature ancora a 25°) e
passione.
Partono le mail di protesta o di
richiesta di spiegazioni verso la Regione e, qualche giorno dopo, giungono le
risposte da parte della Segreteria del Presidente; già, sarebbe meglio dire
risposta perché a tutti (o quasi) viene mandata la stessa solfa con la sola
aggiunta di nome e cognome nell’intestazione.
Di quanto genericamente affermato
dalla segreteria mi incuriosisce un passo: “….. La decisione di adottarla è
stata presa con il parere favorevole del Comitato Tecnico Consultivo della
Pesca, in base ad una valutazione di alcuni indicatori biologici che
evidenziavano la necessità di adottare interventi di salvaguardia. Ci sembra
importante sottolineare che si tratta di una decisione ampiamente condivisa. Le
ricordiamo infatti che il Comitato è composto anche da rappresentanti delle
Organizzazioni di categoria…..”
Sorvolo sulla “valutazione di
indicatori biologici” perché quando non vengono indicati gli autori e le
modalità di studio, queste parole hanno lo stesso valore dell’aria fritta; mi
colpisce, invece, l’esistenza di un Comitato Tecnico Consultivo della Pesca
che, nella mia ignoranza, non sapevo nemmeno che esistesse.
Non potendo trovare risposte
esaustive con le mie conoscenze, decido di mandare una mail con la richiesta di
un’intervista on-line al Responsabile del Servizio Pesca dell'Assessorato della
Difesa dell'Ambiente; poche domande che principalmente vertono sulle ragioni
scientifiche a supporto di tale scelta, da chi era composto tale comitato,
perché il fermo non avveniva a rotazione specie per specie, etc., etc..
Il 20 ottobre mi giunge via mail
la risposta da parte dell’allora Ingegnere Responsabile del Servizio Pesca
dell'Assessorato della Difesa dell'Ambiente e, a leggere le risposte, mi si
gela il sangue nelle vene già dalle prime righe:
alla prima domanda, cioè quella
inerente le motivazioni scientifiche che hanno portato il Comitato ad estendere
il fermo alla pesca sportiva, in mezzo ad una serie infinita di dati inutili e
motivazioni pseudo scientifiche, leggo e cito testualmente “Ulteriori
argomentazioni a sostegno delle “misure” proposte sono scaturite dall’ esigenza,
da un lato, di porre in essere iniziative per contrastare quelle attività di
“pesca sportiva” che contravvengono le norme ed il fenomeno delle catture non
registrate …” .
Catture non registrate!!! Ma
quando mai in Italia nel 2006 (o prima), per quanto riguarda la pesca sportiva
in mare, si è provveduto a registrare le catture effettuate?
E il buongiorno lo si vede dal
mattino!
La seconda domanda, da chi è
composto il Comitato, devo ammettere che ha avuto una risposta chiara,
esaustiva e competente; l’unica a dir la verità, ma consisteva solo nel fornire
un elenco di persone. In questo modo vengo a scoprire che il Comitato è
composto da ben 25 persone oltre a suddetto Ingegnere, rappresentanti delle più
svariate categorie, per intenderci persone in rappresentanza di Assessorati
come Lavoro, Formazione Professionale, Cooperazione, Enti locali, Finanze,
Urbanistica, Industria o di sindacati come CGIL, CIS e UIL, oppure in
rappresentanza delle varie cooperative di professionisti come Lega Pesca, UNCI Pesca,
Federpesca, AGCI Pesca. Persone sulla cui competenza in materia di
conservazionismo ambientale pongo gli evidenti dubbi di chiunque e che
andrebbero chiamati con i loro veri nomi: cadregari o zecche statali!
Chiudeva la lista uno strano
quartetto definiti come “esperti in materia di pesca o di attività ad essa
connesse”: una Docente Universitaria di Diritto Amministrativo, un Docente
Universitario di Biologia Marina, un Docente Universitario di Ecologia e, udite
udite, un esperto di pesca sportiva (un nome mai sentito in merito ad alcuna
tecnica) in rappresentanza della FIPSAS.
Vi ricordo che, già nella prima
mail di risposta da parte della Segreteria Regionale veniva precisato “Ci
sembra importante sottolineare che si tratta di una decisione ampiamente
condivisa. Le ricordiamo infatti che il Comitato è composto anche da
rappresentanti delle Organizzazioni di categoria” e mi sembra palese che tale
“esperto di pesca” abbia votato a favore dell’estensione del fermo alla pesca
sportiva e con il sacrosanto benestare della direzione nazionale FIPSAS.
Però il bello deve ancora venire e,
per amor di verità, preferisco riportarvi l’intera parte dell’intervista:
Domanda: L'Assessorato è a
conoscenza che il fermo biologico in altre nazioni, come USA e Messico, avviene
specie per specie, a rotazione e a seconda dei periodi di riproduzione e
accrescimento di ogni singola specie, identificando misure minime e massime di
non prelievo?
Risposta: In Atlantico, com’è noto
la pesca professionale è prevalentemente monospecifica o limitata a poche
specie mentre in Mediterraneo la pesca professionale è multispecifica; pertanto
effettuare il fermo biologico per ogni specie risulta praticamente impossibile.
Domanda: Quale supporto
scientifico ha motivato la decisione di permettere la pesca con le reti di
circuizione, che solitamente in questo periodo effettua vere e proprie stragi
di pelagici in accrescimento (tonnetti di branco, palamite, ricciole, lampughe,
sgombri, etc., etc.) e proibire la pesca sportiva che raramente effettua un
prelievo di specie pelagiche?
Risposta: In funzione delle
caratteristiche tecniche dell’attrezzo e della dimensione delle maglie (non
inferiore a 10 mm) consentite dalla normativa vigente (D.P.R. 1639 del 2
ottobre 1968 ; D.A.D.A. 11.09.2000 n. 14/911/VI ) le reti di circuizione
costituiscono uno strumento altamente selettivo, che usato correttamente non
incide sulla frazione giovanile degli stocks ittici.
Domanda: Perchè non si è tenuta in
considerazione la riproduzione della spigola, che avviene nei mesi di
dicembre/gennaio e che risulta la specie autoctona più penalizzata dalla
presenza di nuovi predatori (pesci serra e barracuda) "risaliti" a
causa della tropicalizzazione del Mediterraneo?
Risposta: Il fermo biologico è
mirato a tutelare le risorse acquatiche in pericolo di sovrasfruttamento, non
potendo essere differenziato per ogni singola specie è diretto a salvaguardare
le principali specie bersaglio della pesca professionale. L’estensione del
fermo alla pesca sportiva ridurrà il numero delle catture anche della spigola
che è una delle prede pincipali dei pescatori sportivi.
Ammetto che la lettura di queste
risposte mi ha gelato il sangue nelle vene; per il nostro competentissimo Assessorato
la pesca professionale in Atlantico è monospecifica e limitata a poche specie! Infatti se andate
in un qualsiasi mercato del pesce negli States sui banconi troverete solo
tonni, pesci spada e calamari. Nessun altro pesce viene prelevato dalle
marinerie della pesca professionale USA e la ciclicità del fermo è
semplicissima perché la si decide estraendo a sorte un periodo su tre.
Ma vi rendete conto di quale
competenza professionale può vantarsi un Assessorato?
Sempre secondo il nostro caro
Ingegnere Responsabile del Servizio Pesca dell'Assessorato della Difesa dell'Ambiente le reti a circuizione (concesse ai pescatori professionisti
durante il periodo di fermo) sono uno strumento altamente selettivo! Qui mi
cascano completamente le braccia laddove viene persino precisata la dimensione
minima delle maglie: non inferiore a 10 mm., cioè UN CENTIMETRO!
Le reti a circuizione sono la
principale causa delle stragi di pesci pelagici che sono in decadimento di
stock ittico, ovvero si preleva di più di quanto la specie non riesca a
riprodursi e quando un pesce viene prelevato “legalmente” prima della sua
riproduzione e durante un periodo di fermo va da sé che non esiste alcuna
selettività, ma solo un’inutile strage di pesci che in alcuni casi (quelli meno
“nobili” per i mercati ittici) diventano farina di pesce per gli allevamenti
intensivi di bovini.
La chicca del Responsabile, però, arriva
alla fine: l’estensione del fermo ridurrà il numero delle catture delle spigole
in un periodo di non riproduzione! Certo, però sarà consentita la cattura
durante la riproduzione, così che assieme alla riproduttrice verranno fatti
fuori anche migliaia di futuri avannotti. In merito a quest’ultima risposta vi
giuro che ho il dubbio se si sia capita o meno la mia domanda, perché non
esiste alcun nesso logico ….. a meno che non avesse ragione Napoleone Bonaparte
quando affermava che “in politica la stupidità non è un difetto”.
Vi confesso che in risposta a
questa mail ne ho fatto seguire un’altra nella quale, con molta pazienza e
garbo, cercavo di spiegare le castronerie affermate dal Responsabile del
Servizio Pesca dell’Assessorato della Difesa, citando studi di settore,
pubblicazioni e libri che affermavano l’esatto contrario e chiedendo ulteriori
risposte alle mie domande.
Ovviamente non mi è mai giunta
alcuna risposta.
Continua ……………
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