martedì 3 marzo 2015

L'arte della guerra






1. La guerra è di somma importanza per lo Stato: è sul campo di battaglia che si decide la vita o la morte delle nazioni, ed è lì che se ne traccia la via della sopravvivenza o della distruzione. Dunque è indispensabile studiarla a fondo.
18. Fondamentale in tutte le guerre è lo stratagemma.
19. Quindi, se sei capace, fingi incapacità; se sei attivo, fingi inattività.
22. Quando vedi il nemico pronto, preparati contro di lui; ma evitalo, dove è forte.
26. Quando il nemico è unito, dividilo.
33. Attacca il nemico dove non è preparato, fai sortite con le truppe quando non se l’aspetta.
34. Queste sono le chiavi strategiche della vittoria. La loro preminenza è indiscutibile.

L'arte della guerra è un trattato di strategia militare attribuito al generale Sun Tzu, vissuto in Cina fra il VI e il V secolo a.C.; è, probabilmente, il più antico testo di arte militare esistente, diviso in tredici capitoli, ognuno dedicato ad un aspetto della guerra. Ebbe una grande influenza anche nella strategia militare europea e, paradossalmente, rappresenta un compendio i cui consigli si possono applicare a molti aspetti della vita, oltre che alla strategia militare come, ad esempio, l'economia, la conduzione degli affari, la strategia aziendale o la politica

Dei 7 punti evidenziati sopra qualcosa vi suona familiare?

Beh, come al solito facciamo un passo indietro. Ormai si sono spenti i clamori del blitz di stato per promulgare una licenza di pesca in mare a titolo oneroso;  chi più chi meno si è gongolato per una battaglia vinta, ma la guerra è fatta da tante battaglie, alcune si perdono altre si vincono e vincerne una non equivale a vincere la guerra, tutt’altro!
Nell’animo dormiente e ubriaco di soddisfazione della maggior parte degli angler italiani, passa completamente inosservato un Decreto Ministeriale, il 299 del 3 dicembre 2014, ove si approva il nuovo Regolamento di esecuzione e organizzazione della AMP di Tavolara.

18. Fondamentale in tutte le guerre è lo stratagemma.
19. Quindi, se sei capace, fingi incapacità; se sei attivo, fingi inattività.

Il 9 gennaio 2015 viene pubblicato sulla Gazzetta ufficiale e il Regolamento di Esecuzione della AMP di Tavolara è un capolavoro di strategia e tempismo degno del generale Sen Tzu. Non voglio entrare nel merito di un accentramento di poteri che spazia dall’immersione guidata al sea-watching, passando per i diritti di riprese fotografiche e cinematografiche, ma voglio limitarmi a ciò che riguarda direttamente gli angler mediterranei, cioè l’Art. 27, che vi riporto quasi per intero:

Art. 27
Disciplina dell’attività di pesca sportiva e ricreativa.

  1. Nell’area marina protetta non è consentita la pesca subacquea sportiva e ricreativa, salvo quanto disposto al successivo comma 7
  2. La detenzione e il trasporto di attrezzi adibiti alla pesca subacquea all’interno dell’area marina protetta devono essere preventivamente autorizzati dall’ente gestore.
  3. Nell’area marina protetta non sono consentite le gare di pesca sportiva.
  4. Nelle zone A e B non è consentita l’attività di pesca sportiva e ricreativa.
  5. Nelle zone C è consentita la pesca sportiva e ricreativa, previa autorizzazione dell’ente gestore, esclusivamente con i seguenti attrezzi e modalità:
a)     da riva, con lenze e canne da fermo, non più di due per persona, anche con mulinello, con ami di lunghezza non inferiore a 18 millimetri.
b)     I ragazzi di età inferiore ai 12 anni possono pescare solo se accompagnati da un adulto con regolare autorizzazione;
c)     da unità navali:
I.                 con bolentino e canne da fermo, non più di quattro per imbarcazione, con ami di lunghezza inferiore a 18 millimetri, e con lenze per cefalopodi, non più di quattro per imbarcazione;
II.               con correntine con non più di tre ami di lunghezza non inferiore a 18 millimetri, e con lenze per cefalopodi, non più di quattro per imbarcazione;
III.             con non più di 4 nattelli di superficie, con non più di due ami di lunghezza non inferiore a 18 millimetri.

  1. Nella zona C non è consentita:
a)     la pesca a traina di profondità con affondatore e lenze tipo “monel” e piombo guardiano;
b)     la pesca con la tecnica del “vertical jogging” e similari;
c)     l’utilizzo di esche alloctone (verme coreano, spagnolo, giapponese, etc.) e non mediterranee;
d)     il prelievo delle seguenti specie:
I.                 tutte le specie di Cernia (Ephinepleus spp., Mycteroperca rubra e Polyprion americanus);
II.               Corvina (Sciena Umbra);
III.             Cheppia (Alosa Fallax)

  1. <….> ometto perché riguarda la sola raccolta del riccio di mare
  2.  E’ consentito un pescato cumulativo giornaliero fino a 3 kg per persona o 5 kg da unità navale, salvo il caso di singolo esemplare di peso superiore. In quest’ultimo caso è prescritto l’arresto immediato dell’attività di pesca ed è altresì consentito il mantenimento delle eventuali prede pescate in precedenza.
  3. Ai fini del rilascio dell’autorizzazione alle attività di pesca sportiva nell’area marina protetta, i richiedenti devono:
a)     indicare gli strumenti di pesca che si intende adoperare;
b)     versare all’ente gestore un corrispettivo a titolo di diritti di segreteria e rimborso spese, secondo le modalità di cui al successivo art. 33.
  1. L’ente gestore rilascia le autorizzazioni per le attività di pesca ricreativa anche in base a criteri di contingentamento  che possono privilegiare i residenti nei Comuni ricadenti nell’area marina protetta.
  2. Al fine di determinare la capacità di carico dell’area marina protetta, in relazione alle esigenze di tutela ambientale sottese al provvedimento istitutivo, l’ente gestore effettua il monitoraggio delle attività di prelievo e adegua, con successivi provvedimenti, sentita la Commissione di riserva, la disciplina della pesca sportiva, indicandone in modo particolare:
a)     caratteristiche e quantità degli attrezzi da pesca sportiva utilizzabili;
b)     calendario delle attività di pesca comprendente giornate ed orari per particolari attività;
c)     misure minime di cattura per le varie specie;
d)     misure di tutela in riferimento a particolari specie minacciate o a rischio.
  1. In prima applicazione delle disposizioni di cui al precedente comma, sulla base degli esiti del monitoraggio effettuato dall’ente gestore, in zona C è consentita, previa autorizzazione del medesimo ente gestore, l’attività di pesca ricreativa da unità navale a motore, a velocità non superiore a 5 nodi, con non più di 2 lenze a traino di superficie che abbiano ami di lunghezza non inferiore a 18 millimetri.

A questo punto qualunque persona con un minimo di competenza si sarebbe già messo le mani nei capelli, ma come ho ribadito più volte i ruoli istituzionali vengono ricoperti dai cadregari della politica, indipendentemente dalla preparazione specifica o dalla competenza professionale.

In primis che cosa possiamo notare: un regolamento totalmente privo di qualsiasi conoscenza della pesca sportiva, o meglio, fermo ai concetti della pesca sportiva degli anni ’60:

1)   Punto 5.a): l’esordio è dei migliori. Probabilmente per questi signori tutti gli ami sono uguali, non si differenziano in alcun modo, ma si prevede solo la misura minima  non inferiore ai 18 millimetri. Ovviamente, mentre il resto del mondo andava avanti e questi asini erano fermi al palo, non potevano sapere che nelle nazioni dove il protezionismo ambientale esiste da decenni e non è affidato ai cadregari con laurea in biologia, è stata effettuata una ricerca scientifica sugli ami e sulle statistiche di mortalità da rilascio. Da decenni si parla e parliamo di “tecnical hook”, ovvero ami tecnici che, a seconda della forma delle varie componenti, rappresentano o meno una differenza. Che gli ami siano divisi in Eye (occhiello), Shank (gambo), Bend (curvatura), Point (punta), Gap (spacco) e Offset angle (angolo di decentramento) ha ben poca importanza, così come capire che un semi-circle offset e barbless da 16 millimetri possa causare meno danno di un normale long shape hook da 19 millimetri a loro non è dato sapere.

2) Punto 8), quasi una tesi di laurea: applicano i parametri della vetusta, superata, primitiva e ridicola Legge n°  263 del 14 luglio 1965 (tra l’altro abrogata dal D.Lgs. del 9 gennaio 2012), riducendo per la pesca da riva il limite a 3 kg ………… e che cacchio, siamo o non siamo in un Parco!

3) Punto 11) è la perfetta sintesi dell’equilibrismo normativo all’italiana. Non si parla di normare i cicli riproduttivi di ciascuna singola specie, non si identificano misure minime e massime di non prelievo, non ci si pone il problema di educare al rilascio e utilizzare tecniche con indici di mortalità vicini allo zero, ci si riempie la bocca di parole altisonanti per far prendere aria ai denti che, al pari delle sacre scritture, possono essere interpretate in qualsiasi funzione a seconda della hermenèia (di platonica memoria) dettata dalle necessità del gestore. Ovviamente, l’unica certezza è un bella Commissione di Riserva, ovvero da 9 a 14 cadregari che prenderanno soldi pubblici a monte di decisioni su cui non hanno competenza alcuna.

4) Punto 6. d) III. Perdonatemi il rimbalzo, ma questo merita davvero tanta attenzione: nelle zone C è VIETATA LA PESCA DELLA CHEPPIA (ALOSA FALLAX)!!!!!
Ebbene sì, malgrado in Italia siano stati condotti importanti studi sulla Cheppia e sulle sue risalite nei fiumi a fini riproduttivi, malgrado la sua presenza in Sardegna sia comunemente accettata sul versante occidentale, nel breve tratto del versante nord orientale occupato dall’area marina protetta, ovvero in un’area dove le foci di quattro fiumiciattoli  si aprono solo qualche mese durante l’autunno ed unicamente a seguito di precipitazioni temporalesche intense, ci troviamo di fronte ad un ente gestore che, nel silenzio più assoluto, non solo verifica l'esistenza della alosa fallax all'interno delle acque protette, ma ritiene la sua presenza così intensa da vietarne il prelievo al pari della cernia e della corvina.
Siamo veramente alle comiche!

5) Dulcis in fundo, il punto 10 dell’art. 27, ovvero il versamento del balzello, mascherato all’italiana da diritti di segreteria e rimborso spese che, normati dal successivo art. 33, verranno stabiliti dall’ente gestore e autorizzati dal ministero dell’ambiente!
In sostanza che cosa? Un primo esperimento locale per una licenza a titolo oneroso per la pesca in mare che, producendo un precedente, ben presto verrà esteso a tutte le AMP e poi a tutto il territorio nazionale.

33. Attacca il nemico dove non è preparato, fai sortite con le truppe quando non se l’aspetta.

Ditemi che Sun Tzu non aveva ragione. In un momento in cui tutti pensavano di aver allontanato lo spettro della licenza di pesca in mare a pagamento, una sortita di un ente riesce a far passare questo balzello a livello locale!
Questo “esperimento” sarà destinato a far cassa importante per l’ente gestore, se non altro per il richiamo che l’area marina di Tavolara ha per la pesca d’altura e per la presenza di porti turistici con forte presenza di imbarcazione per il Big Game (San Teodoro, Punt’Aldia, Porto San Paolo e Costa Corallina all’interno del parco, Porto Rotondo solo qualche miglio a nord).
E se qualcuno avesse dei dubbi sulla politica finalizzata al solo gettito monetario della AMP di Tavolara, considerate che, in un’intervista su un quotidiano locale di qualche anno fa, l’ente gestore citava un’ipotetico studio della Colorado University (negli archivi on-line della University of Colorado di Fort Collins non risulta niente di simile) in cui si proiettava il business dell’attività subacquea stagionale in un gettito di ben 24 milioni di euro! Leggetevi per intero il regolamento di esecuzione dell’ente gestore e vedrete che le norme approvate vanno proprio verso questa forma di mercificazione ambientale!
Perché parlo di mercificazione anziché gettito da tutela ambientale? Perché per questi signori il rispetto ambientale è secondario al business! Avete mai visto un parco marino che, per giustificare 5 milioni di contributi pubblici presi e spesi tra il 2009 ed il 2012, snocciola statistiche in cui si vanta di avere il secondo posto in Italia per pesce pescato per km d’attrezzo? Avete mai visto all’estero un’area marina protetta che consente la pesca professionale al proprio interno? Avete mai visto un’area marina che, in risposta ad una denuncia telefonica di reti poste in area vietata (denuncia avvenuta di domenica, ovviamente), ti rimanda alla Capitaneria di Porto competente perché loro non si possono muovere? Avete mai visto un’area protetta dove la presenza delle lampughe è in calo continuo da 7 anni a questa parte? Avete mai visto un’area marina che, dopo 7 anni di gestione e limiti alla pesca, non riesce a riportare la presenza di tonno rosso negli stessi luoghi dove alla fine degli anni’90 si erano registrati i record europei IGFA della categoria 30 lb.
Questa, purtroppo, è l’Italia!

Conclusioni
Personalmente sono convinto che niente ostacolerà la licenza sportiva di pesca in mare a titolo oneroso, perché viviamo in uno stato che, incapace di vedere il proprio futuro, pensa solo a far cassa in ragione del mantenimento dei propri privilegi.
Prima ancora di aspettare che il balzello ci piova sulla testa come un fulmine a ciel sereno, prepariamoci a dire che siamo disposti a pagare a condizione di ottenere qualcosa in cambio che tuteli anche noi angler!

Il minimo da chiedere potrebbe essere:

1- un aumento delle misure minime di prelievo di ciascuna specie, dettate in relazione alla loro maturità riproduttiva e non inferiori ad un doppio ciclo riproduttivo,

2- l'identificazione dei periodi di divieto del prelievo a seconda dei cicli riproduttivi di ogni singola specie,

3- l'istituzione di misure massime di non prelievo per ciascuna specie (pesci riproduttori),

4- l'identificazione di aree di riproduzione protette, soggette a ciclicità di zona e non soggette ad alcun tipo di prelievo ittico, nemmeno da parte delle marinerie della piccola pesca artigianale,

5- il controllo geolocalizzato delle marinerie pescherecce di qualsiasi tonnellaggio e misura,

6- l'istituzione di un corpo di controllo autonomo e indipendente dagli enti gestori.

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